IL TELAIO SERIGRAFICO, QUESTO SCONOSCIUTO

IL TELAIO SERIGRAFICO, QUESTO SCONOSCIUTO

IL TELAIO, QUESTO SCONOSCIUTO
(ovvero quello che succede quando non si sa quello che si dovrebbe sapere).
Più volte ho stampato l'intestazione di alcuni calendari con dell'inchiostro a base solvente: mi capita ancora di fare qualche lavoro nel mio laboratorio per qualche amico o per qualche cliente affezionato.
Quando il dettaglio è fondamentale
Mi sono ritrovato spesso a dover stampare dei soggetti in cui fossero presenti prevalentemente dei testi molto piccoli in carattere Times New Roman.
Quasi come se fosse una cosa strana ho notato spesso che attraverso il telaio che stavo utilizzando ogni carattere di ogni scritta usciva perfettamente, stampa dopo stampa, senza perdere né dettaglio e tantomeno definizione, e senza che l'inchiostro asciugasse nelle maglie del telaio, pur stampando in manuale e pur non avendo minimamente diluito l'inchiostro!
Lascia che ti spieghi
Per chi fa serigrafia da molto tempo, una considerazione così farà sicuramente sorridere (mi rendo conto che potrei passare quantomeno per uno strano...), ma per chi ha iniziato questo mestiere da poco o comunque si sta dando da fare senza dei VERI aiuti non è poi un discorso tanto campato per aria.
I forum di discussione sul web sono pieni di domande del tipo
"dopo poche stampe il telaio si chiude e non riesco a riprodurre linee sottili o caratteri di piccole dimensioni, cosa devo fare?"
"Ho diluito l'inchiostro, ma non è cambiato nulla, dopo pochi passaggi si chiude tutto, qualcuno mi può aiutare?"
"non riesco a riprodurre sul telaio dettagli fini come punti o scritte, perchè?"
 "quanto tempo va esposto alla luce un telaio perchè sia ben eseguito?"...
Ebbene, non c'è assolutamente nulla di trascendentale nel realizzare un telaio in modo corretto, certo è che, come in ogni cosa, conoscere tecnica e tecnologia, materiali e loro utilizzo è quantomeno il minimo indispensabile per poter lavorare con una certa tranquillità e sicurezza di risultati.
La procedura
Ormai ci stanno bombardando da ogni lato con le nuove tecnologie, alcune addirittura miracolose che in pochi passi risolvono problemi che per decenni industrie chimiche e tessili hanno affrontato non senza difficoltà pratiche ed economiche; resta il fatto che il telaio serigrafico in senso stretto è e rimane l'unico strumento in grado di riprodurre serigraficamente un qualsiasi soggetto su qualsiasi supporto di qualsiasi forma o superficie o colore.
Non che le alternative al telaio "classico" non siano valide, ma sicuramente non sono e non saranno (almeno in tempi stretti) all'altezza in termini di altissima qualità, stabilità e performance di produzione del telaio serigrafico classico.
Come è fatto un telaio serigrafico
Vediamo di capire perché, partendo dalla struttura, cominciando col dire che un telaio serigrafico è composto da:
cornice
tessuto
colla
emulsione.
In campo amatoriale ancora oggi si utilizzano telai con cornici in legno, ma è d'obbligo evidenziare che un materiale così poco stabile e troppo elastico e in grado di assorbire acqua e umidità con conseguenti dilatazioni e variazioni dimensionali, sia il meno adatto per realizzare telai ad alta prestazione.
Analizziamo le componenti che, unite nelle varie fasi di lavorazione, danno vita al telaio di stampa finito.
NEL DETTAGLIO
1_La cornice.
Esiste in due diverse tipologie: cornice di tipo statico o autotensionante.
La prima è quella classica a cui tutti noi siamo abituati e può essere in legno, metallo o alluminio.
La seconda esiste in due tipologie: quella più famosa è stata inventata e messa a punto da Mr. Don Newman nei primi anni 70 e viene utilizzata in modo prevalente negli Stati Uniti per la stampa tessile così come nel settore dei circuiti stampati.
L'alluminio o, in alternativa, il metallo verniciato (molto diffuso in Italia, in quanto molto utilizzato nelle stamperie classiche negli anni d'oro della stampa tessile) sono ormai lo standard per chi fa serigrafia industriale o comunque per chi vuole produrre con un alto livello di qualità di stampa e di riproduzione.
2_Il tessuto.
Il tessuto è sostanzialmente il supporto sul quale verrà realizzata la matrice di stampa.
3_La colla.
E' il prodotto grazie al quale il tessuto viene applicato in modo stabile e duraturo alla cornice statica.
E' di tipo epossidico e ad alta tenuta. Resiste all'acqua e alla maggior parte dei solventi e garantisce nel tempo il mantenimento della tensione del tessuto.
4_L'emulsione fotosensibile.
Ancora oggi chiamata in modo non del tutto esatto gelatina è il veicolo grazie al quale il tessuto diventa matrice di stampa, in grado cioè di riprodurre informazioni grafiche per garantire il passaggio dell'inchiostro attraverso le maglie del tessuto rimaste aperte.
Questo prodotto necessita di un capitolo a parte per poter essere descritto in modo accurato e preciso, ma qualche indicazione, prima di entrare nel merito del tessuto, possiamo darla anche qui.
QUANTE E QUALI FOTOEMULSIONI
Esistono sostanzialmente due tipologie di emulsione: la fotopolimera pura e quella a due componenti.
La prima è un prodotto pronto uso, quindi già sensibile alla luce e viene utilizzata una volta aperto il barattolo.
La seconda invece è composta da una parte di emulsione inerte, cioè non ancora sensibile alla luce, e da un attivatore , un sensibilizzante al diazo(1).
Questi due prodotti devono essere mischiati seguendo le specifiche dettate dal produttore e la loro unione dà origine ad una fotoemulsione sensibile alla luce. Le differenze più evidenti tra le due si possono identificare nel residuo solido generalmente più alto nelle fotopolimere pure e nella durata nel tempo a favore delle pure rispetto a quelle al diazo.
Entrambe si solidificano per esposizione ai raggi UV e rimangono solubili nelle zone corrispondenti al nero delle pellicole, sciogliendosi durante la fase di sviluppo in acqua corrente.
Ovviamente le differenze sono anche più specifiche e il discorso più complesso di come accennato, ma, come detto, rimando le informazioni più tecniche e specifiche in occasione di un altro articolo.
IL TESSUTO SERIGRAFICO
Parliamo ora in dettaglio del tessuto, componente critica ma determinante per una qualità di stampa ottimale e stesura della fotoemulsione, cercando di evidenziare le caratteristiche fondamentali e i metodi di scelta.
Sappiamo che il termine serigrafia nasce dal concetto di "scrittura" attraverso la seta: oggi i tessuti, nella maggior parte dei casi, vengono realizzati in poliestere, spesso trattato al plasma per avere il massimo rendimento sia in termini di accettazione delle fotoemulsioni sia della tenuta alle alte tensioni.
Si producono ancora tessuti in nylon per applicazioni speciali come la stampa su superfici irregolari: il tessuto in nylon(2) ha una forte elasticità e quindi riesce a seguire le differenze superficiali del supporto da stampare meglio di quanto non faccia il poliestere.
Caratteristica fondamentale del poliestere è quella che viene descritta come "memoria elastica", qualità che consente al filato di "ritornare" sempre alle dimensioni iniziali.
Questo permette un’ altissima qualità in termini di riproduzione, tenuta del registro e stabilità dimensionale nel tempo.
Un parametro fondamentale che un tessuto serigrafico deve avere è quello relativo alla apertura di maglia.
Apertura di maglia
Per apertura di maglia si intende lo spazio che si viene a creare tra i 4 fili che corrono in trama e ordito(3): questo parametro ovviamente varia prevalentemente in funzione di almeno tre fattori:
1_ la tensione
2_ il numero di fili/cm
3_ il diametro del filo.
Diventa allora di fondamentale importanza il fatto che questi parametri siano perfettamente conosciuti e vengano tenuti perfettamente sotto controllo: grazie alla loro combinazione un risultato di stampa avrà efficacia o meno.
La tensione consigliata (determinata dal produttore del tessuto) dipende dalla caratteristica del tessuto espressa in base al numero di fili/cm e dal diametro del filo: viene espressa in newton/metro.
Ogni tessuto è caratterizzato dal numero di fili che corrono in trama e ordito rapportati ad una unità di misura che per noi è il centimetro lineare e, per chi non usa il sistema metrico, il pollice lineare. Attenzione: importante sapere che il numero di fili a centimetro è riferito al numero di fili in un centimetro lineare in trama e al numero di fili in un centimetro lineare in ordito.
LA STRUTTURA DEL TESSUTO
Il tipo di filato più utilizzato è quello cosiddetto monofilo, costituito cioè da un filo unico che corre in trama e ordito a formare il tessuto finale.
Questo tipo di tessitura consente di ottenere una planarità molto buona, garantendo in questo modo la possibilità di una stesura della fotoemulsione molto regolare e senza grossi difetti di deposito
Qualora un tessuto dovesse presentare discordanze tra il numero di fili in trama e quello in ordito avremmo un parametro che non permetterà di controllare l'apertura di maglia e, di conseguenza, la quantità di inchiostro depositato.
Potrebbe sembrare eccessivo questo appunto, ma in molte tipologie di lavorazione (circuiti stampati, stampe con inchiostri conduttivi, quadricromie, stampe di tinte precise come i Pantone) una differenza anche minima può pregiudicare la buona riuscita di una stampa, compromettendo irrimediabilmente i risultati dal punto di vista cromatico o di deposito.
LEGGERE UNA SCHEDA TECNICA
Per rendere più chiaro il discorso, usando un termine numerico di riferimento, un tessuto che ha come indicazione il valore 120.34 sarà un tessuto da 120 fili/cm. con un diametro di 34 micron o micrometrI(5).
Questo tipo di tessuto avrà di conseguenza una specifica apertura di maglia che sarà caratterizzata anche dalla tensione impostata in fase di applicazione del tessuto alla cornice.
La tensione non viene "decisa" da chi realizza il telaio, ma deve seguire le indicazioni del produttore del filato/tessuto e non deve mai essere inferiore o superiore ai valori minimi e massimi indicati per evitare irregolarità in fase di stampa.
Apertura di maglia corretta apertura di maglia errata: tensioni non proporzionate
Il diametro del filo diventa a questo punto importantissimo ai fini del risultato di stampa, sia dal punto di vista cromatico che di deposito: ecco che un tessuto da 120.34 (120 fili/cm diametro 34 micrometri), avrà un'apertura di maglia maggiore rispetto ad un 120.40 (120 fili/cm diametro 40 micrometri) e avranno ciascuno una propria tensione consigliata.
Diametro di filo maggiore crea apertura di maglia minore
Qualora non venissero rispettati i parametri relativi alla tensione e nel caso in cui questo avvenisse in difetto (tensione scarsa) ci troveremmo di fronte ad una delle principali cause che fanno scaturire le domande di cui parlavamo in apertura. Il tessuto non riesce a mantenere una adeguata stabilità, quindi avrà una apertura di maglia non regolare e, per questa ragione, l'inchiostro farebbe fatica a passare o non passerebbe addirittura, a causa anche di una cattiva riproduzione dei dettagli nella matrice.
Una tensione scarsa del tessuto, comporta una scarsa qualità di riproduzione e richiede un elevato fuori contatto con le problematiche che ne conseguono: irregolarità di deposito, irregolarità del campo di stampa, etc.
Nel caso in cui invece i parametri di tensione fossero sbagliati per eccesso (tensione superiore ai valori consigliati) si avrebbe un'apertura di maglia maggiore di quella definita dal produttore con conseguente perdita di controllo del deposito di inchiostro che risulterà maggiore di quanto previsto, generando così difetti in termini cromatici e impedendo di fatto una buona definizione di stampa, con il rischio di perdere dettagli fini.
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